Salkantay, il preambolo.

Quella che state per leggere è una delle tante storie che vive un viaggiatore. Ed è anche la storia di quattro persone che si incontrano e decidono di unire i loro percorsi per un po'.

All'Andes festival, nella Isla del Sol in Bolivia, ho conosciuto due ragazze francesi, Roxanne e Cloé, che poi ho rivisto ad un altro festival, l'Arkana, nel Valle Sagrado in Perù. Era passato esattamente un mese. Intanto le aveva raggiunte dalla Francia Arnaud.



Tutti avevamo voglia di uscire dai classici percorsi turistici e di immergerci nella natura, dopo esserci riempiti di musica elettronica per settantadue lunghe ore. E tutti avevamo in mente un trekking. Il Salkantay, che da Cusco ci avrebbe portato al Machupichu. Come l'Inca Trail del resto, che però va fatto con agenzia e guida. Non per noi, decisamente.

Dopo l'Arkana, abbiamo passato qualche giorno nel Valle Sagrado, a Pisac, Ollantaytambo e Urubamba, dove abbiamo ballato fino a notte inoltrata, visitato la Puesta del Sol e camminato in una salinas attiva da molto prima che gli Inca arrivassero a conquistare l'area.









Una volta in Cusco, dopo aver adeguatamente omaggiato la movida e la notte "cusqueña", armati di tende, sacco a pelo, fornello e tanta voglia di partire, abbiamo preso una micro, i minivan che fanno da bus in molti Paesi del Sud America, alle 4 del mattino.

Avevamo finito di cenare a mezzanotte. Ottocento grammi di carbonara, seguiti da due kg di gelato. In un ostello con una cucina ci può essere spazio solo per uno. E mai era stato in dubbio chi avrebbe cucinato prima della grande carestia che avremmo sperimentato nel trekking. Quattro notti e cinque giorni.



Destinazione Sayllapata.

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