Salkantay. La vetta

Infreddoliti, abbiamo bevuto un caffè e ci siamo messi in cammino alle 7 del mattino. La giornata sarebbe stata molto lunga. Tre o quattro ore di salita ripida fino ai 4600mt e poi cinque o sei ore di discesa fino alla selva, a 2600m sopra il livello del mare. Dal freddo al caldo.





Tra le 11 e mezzogiorno eravamo tutti arrivati alla cima del Salkantay. Due dei francesi con cui viaggio hanno l'asma: da un lato ci ha rallentato ma dall'altro ci ha fatto sentire più uniti perché sentivamo di poterci aiutare, e fidare, l'uno dell'altro.







Da lì abbiamo iniziato a scendere. Contemporaneamente ha iniziato a piovere anche se per poco. In ogni caso questo ci ha impedito di aumentare il passo visto che il terreno era piuttosto pesante.
Per un attimo abbiamo invidiato chi andava con i tour organizzati. Per loro non c'erano zaini in spalla. Cavalli e asini portavano tutto. Non so che pensare di tutto questo. C'è sfruttamento degli animali ma d'altra parte questo permette a molta gente di fare un trekking che altrimenti non potrebbe mai affrontare. E in più danno lavoro a molte persone del posto.





Intanto abbiamo mangiato un panino in un campo sperduto e poi giù fino a Chawllay.

Siamo arrivati sfiniti. Praticamente già buio. Dieci ore di trekking tra salita e discesa, pioggia, sole e vento, zaino con tenda, sacco e tutto l'occorrente per accampare. Era davvero troppo.

Proprio per questo abbiamo stappato 3 birre grandi, Cusqueña,  of course, mangiato riso e una zuppa calda. Dopodiché siamo morti in attesa dell'alba del terzo giorno. Tutta un'altra storia.

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